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Liberati ma esiliati: La realtà degli ostaggi palestinesi dopo il cessate-il-fuoco

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Palestine Ceasefire October 2025

Un accordo internazionale celebra la liberazione di quasi 2000 ostaggi, mentre sul campo l'esilio forzato e i racconti di tortura ostacolano il cammino verso la pace.

Nel quadro di un cessate il fuoco firmato il 13 ottobre 2025, Israele e Hamas hanno liberato gli ultimi 20 ostaggi israeliani viventi in cambio di 1960 ostaggi palestinesi, in un'operazione supervisionata dalla Croce Rossa. Questo scambio, che porta il numero totale di palestinesi liberati a circa 2000, è stato la pietra angolare di un vertice internazionale per la pace in Egitto, copresieduto dai presidenti Abdel Fattah al-Sissi e Donald Trump e alla presenza di oltre 20 leader mondiali e del segretario generale dell'ONU. Tuttavia, la dichiarazione finale ha omesso qualsiasi menzione del diritto a uno Stato palestinese. Non erano presenti né il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, né i rappresentanti di Hamas.

Mentre i leader celebravano, la realtà sul terreno palestinese era diversa. Da un lato, centinaia di palestinesi sono stati liberati in Cisgiordania, dove le loro testimonianze hanno iniziato a rivelare l'orrore della tortura e delle condizioni disumane nelle carceri israeliane. Dall'altro, una decisione dell'ultimo minuto di Israele ha alterato la sorte di oltre 154 ostaggi liberati, che sono stati esiliati in Egitto invece di essere restituiti alle loro famiglie, trasformando la speranza di centinaia di persone in una delusione straziante e rivelando che per molti la libertà ha significato un bando lontano dalla loro terra, senza alcuna garanzia.

La fragile tregua è minacciata a un solo giorno dall'accordo. L'esercito israeliano ha assassinato almeno cinque palestinesi a Gaza nonostante il cessate-il-fuoco, con il pretesto che si erano avvicinati alle sue posizioni e avevano "oltrepassato la linea gialla". Simultaneamente, il governo di Netanyahu ha attuato ritorsioni collettive, rinviando l'apertura del cruciale valico di Rafah e limitando gli aiuti umanitari a 300 camion al giorno, la metà di quanto concordato.

Queste misure, giustificate dal ritardo nella restituzione dei corpi degli ostaggi, si scontrano con l'avvertimento della Croce Rossa: localizzare i corpi, molti dei quali giacciono sotto le macerie dei bombardamenti israeliani, richiede diverse settimane. Questa disputa evidenzia come la punizione collettiva stia venendo anteposta alle necessità di una popolazione che soffre la fame.

In definitiva, la costante violazione degli accordi da parte di Israele — con esili forzati, bombardamenti continui e il soffocamento degli aiuti umanitari — rivela una controparte della quale è impossibile fidarsi. Questi atti minano qualsiasi sforzo di pace, perpetuano l'ingiustizia contro il popolo palestinese e condannano la regione a un ciclo ricorrente di instabilità. Il cammino verso una soluzione duratura risulta così minato, dimostrando che senza il rispetto degli impegni e la fine dell'impunità, qualsiasi tregua non sarà che un fragile interludio tra una guerra e la successiva.